Numeri e passione: la formula vincente
Intervista a Tomaso Buscema
Tomaso Buscema, fondatore di My Social Collection, condivide il suo percorso professionale trentennale, arricchito da esperienze in aziende di primo piano come Ferrero, Kraft, Alcatel, Valentino, Autogrill e GameStop. Racconta come l’approccio strategico e l’analisi dei numeri siano stati elementi chiave per comprendere il mercato e sviluppare visioni innovative. Tomaso approfondisce l’evoluzione del ruolo del CFO, da semplice contabile a figura strategica, e riflette sull’importanza di combinare dati e intuizione per guidare il successo aziendale.
Attraverso la storia di My Social Collection, un social marketplace per collezionisti del mondo dell’intrattenimento, rivela come il concetto di nerd si sia evoluto, diventando oggi simbolo di passione e leadership. Sottolinea, infine, il valore cruciale del brand, inteso come un segno indelebile fondato su coerenza e autenticità. Un’intervista imperdibile su visione, innovazione e costruzione di valore.
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Chi è Tomaso Buscema
Tomaso Buscema ha iniziato il suo percorso professionale oltre trent’anni fa nel marketing di Ferrero, dove ha costruito solide basi strategiche. Da lì in poi ha intrapreso un viaggio professionale attraverso settori diversi. Ha lavorato in Kraft, un colosso americano del food, per poi entrare in Alcatel, azienda francese leader nelle telecomunicazioni. Il mondo del fashion lo ha visto protagonista in Valentino, dove ha seguito da vicino importanti acquisizioni, da HDP fino al Fondo Permira. Successivamente, il suo percorso lo ha portato in Autogrill, occupandosi di pianificazione strategica e controllo di gestione. L’esperienza in GameStop è stata cruciale, lavorando in un’azienda in forte espansione e ricoprendo ruoli chiave.
Dopo un progetto di digitalizzazione in Renault, ha deciso di fondare My Social Collection, un social marketplace per collezionisti del mondo dell’intrattenimento. Un’idea nata dalla sua capacità di analizzare i mercati e anticipare le tendenze, combinando le sue esperienze nel marketing, nella strategia e nell’innovazione.
L’importanza del numero
Tomaso ci svela come i numeri siano sempre stati una componente essenziale della sua visione strategica.
Si definisce un commerciale con una forte struttura analitica, convinto che i numeri permettano di comprendere il mercato, interpretarlo e sviluppare strategie efficaci. Tuttavia, avverte che nel mondo attuale si tende spesso a sopravvalutarli, dimenticando che i dati, se non correttamente interpretati, non hanno valore.
Porta come esempio Michele Ferrero, il quale, nel lanciare il Ferrero Rocher, non si basò solo su numeri e analisi di mercato, ma sulla sua profonda conoscenza della pasticceria e del gusto dei consumatori.
Il numero, secondo Tomaso, è uno strumento essenziale, ma non può sostituire l’intuizione e la sensibilità strategica. Ritiene che il giusto equilibrio tra analisi numerica e comprensione umana sia la chiave per prendere decisioni efficaci. Senza numeri non si può costruire una strategia, ma senza una visione chiara, il numero da solo non basta.
Momenti lavorativi significativi
Tomaso ci racconta che tra le esperienze più significative della sua carriera, GameStop occupa un posto speciale.
All’epoca, il concetto di start-up non era diffuso e l’azienda veniva definita una Hyper Growth Company. In cinque anni, GameStop ha quintuplicato il suo fatturato in Italia, passando da 70 milioni a oltre 500 milioni di euro. Questa crescita straordinaria gli ha permesso di vedere da vicino come si costruisce qualcosa di grande.
Tomaso sottolinea la differenza tra il mindset americano e quello europeo: mentre negli Stati Uniti si lavora con una visione orientata al futuro e al risultato, in Europa spesso si resta impigliati nei processi e nella burocrazia. Ecco perché l’esperienza in GameStop, azienda statunitense, gli ha mostrato quanto sia fondamentale avere un focus chiaro sul risultato.
Questa è stata una lezione che ritiene essenziale per il successo nel business.
Il ruolo del settore finanziario
Tomaso ci rivela come il ruolo del CFO (Chief Financial Officer) sia profondamente cambiato nel tempo.
Un tempo considerato un semplice contabile, oggi è una figura chiave nella definizione della strategia aziendale. Non si occupa solo di bilanci e numeri, ma deve anche elaborare strategie, assumersi rischi e guidare l’azienda in contesti di forte cambiamento.
Tomaso sottolinea che il passaggio da una visione statica a una più dinamica è una sfida ancora poco compresa da molte aziende. Ed è proprio questo il motivo per cui esiste ancora spazio per le startup: se le grandi aziende fossero più capaci di adattarsi rapidamente ai cambiamenti, probabilmente molte nuove imprese non avrebbero ragione di esistere.
Il CFO moderno deve quindi essere un catalizzatore di innovazione, capace di leggere i segnali del mercato e tradurli in strategie concrete che permettano all’azienda di crescere in scenari sempre più complessi e competitivi.
La startup
Tomaso ci chiarisce che la sua startup, My Social Collection, nasce dall’osservazione di un vuoto nel mercato del collezionismo nell’ambito dell’intrattenimento.
Brand come Disney, Warner, Nintendo e Microsoft hanno milioni di fan, ma non esiste una piattaforma che li metta in contatto in modo strutturato. Il mercato del collezionismo vale più di quello dell’abbigliamento a livello globale, ma manca una vera community digitale per gli appassionati. My Social Collection è stata creata per colmare questa lacuna, offrendo agli utenti uno spazio per condividere la loro passione, connettersi con altri collezionisti e partecipare a esperienze esclusive.
Tomaso sottolinea come il concetto di nerd sia cambiato nel tempo: se un tempo era un termine dispregiativo, oggi rappresenta un’identità culturale forte. Personalità come Elon Musk e Jeff Bezos incarnano questo cambiamento, dimostrando che la passione per il mondo geek è oggi un elemento di successo e innovazione.
My Social Collection vuole diventare il punto di riferimento per questa community globale, unendo il digitale alla passione autentica per il collezionismo.
Il brand secondo Tomaso Buscema
“Noi siamo su questo pianeta per lasciare un segno, no una cicatrice”
Tomaso discute di come il concetto di brand sia stato spesso sottovalutato nel digitale.
Se un tempo bastava una campagna pubblicitaria sui social per ottenere visibilità, oggi non è più così. Tante startup, pur avendo budget milionari, falliscono perché non costruiscono un’identità solida.
Il brand è l’ossatura di un’azienda e si regge su valori autentici. Senza di essi, è destinato a crollare. Per Tomaso, il brand non è solo un nome o un logo, ma il segno che un’azienda lascia nel tempo. Sottolinea che la coerenza tra comunicazione e azioni è fondamentale: un’azienda non può promuovere valori positivi se poi, nei fatti, li tradisce. Il consumatore è attento e prima o poi se ne accorge. Tomaso crede che il vero compito di un founder sia garantire questa coerenza, affinché il brand sia un segno positivo e non una semplice operazione di marketing.

L’Opinione del Brand Master
Tomaso rappresenta un esempio affascinante di come logica e passione possano convivere in perfetto equilibrio. La sua mente razionale e analitica lo porta a esplorare percorsi complessi, come un intricato rompicapo da risolvere, dove ogni passo apre nuove prospettive. Eppure, dietro questa apparente complessità, si cela un’anima pura e autentica, capace di conservare quella scintilla di entusiasmo che trasforma ogni progetto in un’avventura stimolante.
Questa combinazione di razionalità e spirito sognatore rende Tomaso unico nel suo approccio al business. La sua capacità di perseguire il risultato senza perdere di vista il divertimento e la gioia di creare qualcosa di nuovo rappresenta una rara qualità nel panorama imprenditoriale. Nonostante il suo pensiero logico e rigoroso, emerge in lui una vena fanciullesca che rende ogni sfida un’occasione per innovare e sperimentare.
Il suo modo di fare business è un invito a non dimenticare l’entusiasmo, anche nei contesti più professionali e strutturati. Una lezione preziosa per chi crede che il lavoro non possa essere anche un’espressione di gioia e passione.